L’amore non ha un tempio definito

“Ma lassatili sfugari!” È una delle considerazioni che ho sentito, in colorito siciliano, e dalla voce di una donna, tra la moltiplicazione di fioriti commenti alla notizia proveniente da Roma, dove due parlamentari, due rappresentanti del popolo, avrebbero per i fatti loro consumato quello che c’era da consumare nel chiuso, ma non tanto chiuso, di un bagno protetto ma non tanto protetto di Montecitorio, considerato un tempio sacro, improfanabile.

Una notizia vera, finta, verosimile (boh, non si capisce più niente), di cui comunque non si fa che parlare e straparlare come se fosse vera e come se si vivesse su un altro pianeta, come se sulla Terra fossimo tutti casti e puri e santi, come se un principe e una principessa nel loro castello dorato dovessero essere condannati solo a dare baci, come se un ruolo non ti dovesse consentire di vivere umanamente il tuo essere uomo o donna o altro e appartarti nell’intimità di un luogo e abbracciare per qualche secondo o più di un secondo (è augurabile) un’avventura con chi ti si è presentato o presentata magari con le dita negli occhi, liberi entrambi da vincoli matrimoniali o da altri vincoli di attaccamento affettivo.
Al piacer, in questi casi, non si comanda. E farlo fa bene, lo dice la scienza. Più lo fai e più ti senti bene, lo dicono le analisi del sangue e i battiti del cuore e altri misuratori di benessere.
Non ci sono ordini di scuderia che tengano di fronte all’attrazione magnetico-gravitazionale tra due persone. Solo la fedeltà giurata al tuo lui o alla tua lei ti deve trattenere, specialmente se c’è sincero amore che arde di fiamma sempre accesa. È il sentimento dell’amore che in modo naturale, senza alcuno sforzo, ti blocca e ti fa cambiare strada di fronte alla tentazione, ti fa pensare ad altro, non ti accende i folli ormoni che non aspettano altro che risvegliarsi e attivare il meccanismo che quando si attiva non lo fermi più.
Ma se due persone libere si attraggono, si amano e sono sciolti da altri rapporti, che male c’è azionare i meccanismi, attivare le calamite, ritrovarsi nel primo loco disponibile, dire al volo sì, far vincere l’amore e festeggiare come il fine anno con i giochi pirotecnici nei cieli stellati? Che male c’è, liberi da appartenenze anche sportive (possono benissimo incontrarsi uno juventino e una interista per suggellare un momento di pace dopo anni di guerra), darsi alla passione lontani da famelici occhi indiscreti, in un momento in cui sai che puoi usufruire di quei cinque-dieci minuti di tranquillità perché hai fatto gli appostamenti, perché hai accettato che dalle ore… alle ore… sono tutti impegnati, hanno già tutti fatto la pipì e, dunque, non disturbi nessuno?
Ma se ne parla dell’episodio di Roma, e come se se ne parla, perché ci sarebbe in circolazione pure un video – così si legge sui nuovi media – che farebbe vedere e sentire quello che possiamo solo con la nostra non casta immaginazione vedere e sentire. E se c’è il video, a meno di auto riprese, ci dovrebbe essere anche un autore esterno, in carne e ossa, un avventore che, entrando nel luogo dell’infuocata passione, forse per un bisogno incontrollato e incontrollabile, si è trovato davanti a un quadretto che mai avrebbe sognato di trovarsi in visione e in un luogo così solenne, così rigoroso, così austero, così freddamente istituzionale. Un avventore che, pur nella vampata ricevuta all’apertura della porta del bagno, ha trovato la forza di afferrare la telecamera o lo smartphone e riprendere tutto per filo e per segno quello che si è presentato ai suoi occhi e alle sue orecchie in immagini e in sonoro per ricordarselo in futuro e lasciare l’eredità ai posteri. Ma il video, nel chiuso di una cassetta di telecamera o di memoria di cellulare, sarebbe poi uscito misteriosamente dalle vigilate mura dove neanche una telecamera di controllo immagino sia istallata. Ed è giusto così, non c’entra nulla in questi casi la trasparenza altrimenti dovremmo aprire le nostre camere da letto e farci scoprire anche che dormiamo dopo che abbiamo scritto sui social che siamo peggio di Rocco: degli eroi smisurati.
Non è incoraggiante entrare in un bagno pensando di essere ripresi mentre si è impegnati a fare uno dei nostri innati bisogni fisiologici con quello che comportano in smorfie, suoni onomatopeici e altre espressività e gesticolazioni varie. Bisogni insopprimibili, come certi istinti quando sono solo fonte di piacere e non fanno male a nessuno e le persone sono libere, adulte, vaccinate, consenzienti anche se a volte un po’ troppo azzardose (qualcuno dice: “Li capisco, al piacer non si comanda, ma avrebbero potuto posticipare, prorogare, presentare una mozione, qualsiasi cosa giusto per prendere in giro gli ormoni, calmarli con delle iniezioni di camomilla concentrata e guadagnare qualche minuto per trovare un posticino un po’ più riservato, consono e anche più comodo senza il timore di essere scoperti: “Talè cu c’è! E bravi! Prosita veru: Complimenti! Siamo tutti uguali”).
Ma quando la passione si accende non c’è niente da fare: ti travolge e non capisci più niente, non hai più coscienza del pericolo. Lo vediamo nei film e non quelli a luci rosse”).
Dopo quello che è successo nella Capitale, sicuramente nei bagni, pubblici e privati, non entrerà più nessuno, neanche Ponzio Pilato per lavarsi le mani: “Non ne voglio sapere più niente: io me la faccio addosso!”.
Raimondo Moncada


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