Il pianoforte che dopo trent’anni ha ripreso a suonare

C’è speranza. Quello che sei o che sei stato o che volevi essere, ritorna, è dentro di te. Quello che poteva essere un tappo prima o poi si toglie, e lo spumante esce! esce! esce! con tutte le sue gustose bollicine per festeggiare l’evento, che sa di miracolo. 

Cosa è successo? 
Un amico di vecchissima data, Alessandro, mi invia un messaggio. Non ci sentivamo da tempo (qualche messaggio augurale a inizio anno) e non per colpa nostra. Io sono in Sicilia, lui no. È uno dei cervelli che dalla Sicilia è andato al nord, un emigrato della mia generazione. 
Il messaggio che mi invia su Whatsapp ha allegato un video. C’è lui, cinquantaduenne, la mia stessa età, seduto davanti a un pianoforte con una lunga coda. Suona con altri che sembrano avere un’età maggiore. Suona come suonava nel tempo delle nostre scuole superiori, dei nostri incontri, delle nostre frequentazioni. Perché lui, Alessandro, il pianoforte lo suona da sempre, anche senza pianoforte. È nato e cresciuto col pianoforte. 
Già ai tempi della nostra adolescenza era un talento e andava, oltre che da insegnanti privati, anche al conservatorio. E a casa, da solo, erano ore e ore di duro, continuo, esercizio. Poi succede – è successo pure a me con la pittura e con la grafica – di abbandonare tutto e di imboccare altre strade. Io ho preso quella del giornalismo, del teatro, della scrittura, di un’altra arte, non appuntata inizialmente nel copione del mio destino. Lui, Alessandro, si è iscritto, laureandosi, in Lingue Straniere e dopo alcune attività di traduttore in Europa si è stabilito nel nord del nord, tra le Alpi, dove insegna quello che ha studiato all’Università di Palermo (beati i suoi studenti!). 
Nel video di Watsapp lo vedo sereno e a testa alta, concentrato sulle note, con le sue delicate mani da pianista scivolare sull’amica tastiera. Sotto il video, c’è una didascalia: “SECONDA LAUREA”. 
“Hai ripreso e ultimato il tuo percorso al pianoforte?” chiedo quasi incredulo. 
“Finalmente! Un sogno lungo una vita. Dovevo farlo e l’ho fatto!”, mi risponde. 
Alessandro ha preso il biennio specialistico al conservatorio, equiparato alla laurea magistrale. 
Mi sono commosso ricordando, più di trent’anni fa, le nostre sofferenze, i nostri dubbi, le nostre difficoltà, le nostre paure, le nostre confusioni in un’adolescenza molto agitata di pensieri. Sono momenti che non si dimenticano, che ti rimangono dentro, specialmente se lasci qualcosa di sospeso, di non compiuto. Alessandro, quel qualcosa, ritagliandosi il tempo tra impegni di lavoro e di famiglia, lo ha ripreso e portato a compimento, per sé e non solo per sé. 
Alessandro, all’esame della vita, ha voluto portare quell’adolescente che ho conosciuto e ha cercato di “sentire un brivido, un profumo”, farsi vedere dal cielo dai genitori. Io li ho visti tra le lacrime applaudire con ammirazione, così come lo hanno applaudito la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e gli amici, dei vecchia e nuova data. 
Mi sono così commosso che anche io ho voluto lasciare traccia del mio brivido cercando di trovare le parole alla mia emozione. 
C’è sempre speranza. I tappi esistono per essere tolti e con una diversa forza possiamo riuscire a togliere anche quelli più resistenti. Occorre crederci. Solo crederci, prendere per le mani il tappo e tirare, tirare, tirare. 

Raimondo Moncada

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