Il 2 gennaio di 111 anni fa nasceva per l’anagrafe italiana il grande artista siciliano Renato Guttuso.
Lo voglio ricordare innanzitutto perché me ne parlava spesso mio padre, Gildo Moncada. Con Albe Steiner, a cui faceva sempre riferimento, Renato Guttuso è stato tra i suoi insegnanti al Convitto Scuola della Rinascita di Milano nell’immediato dopoguerra (parlo della Seconda Guerra Mondiale), istituzioni aperte per dare la possibilità a ex partigiani (ma anche ai reduci dalla deportazione e dalla prigionia, e ai figli dei caduti e delle vittime politiche e dei perseguitati politici) di recuperare l’istruzione interrotta bruscamente a causa del conflitto.
E mio padre, dopo la partecipazione alla Resistenza come giovane partigiano, dopo le gravi mutilazioni subite vicino Arezzo, colse al volo l’occasione trovandosi tra i professori della sua nuova scuola (che aveva lasciato nella sua Agrigento) fior di artisti che avevano anche loro partecipato al movimento contro il nazifascismo.
Ne parlo nel libro “Il partigiano bambino”, Ad Est edizioni.
Renato Guttuso, suo caro Maestro di pittura e grafica, nacque a Bagheria il giorno di Santo Stefano, il 26 dicembre 1911, ma venne registrato all’Anagrafe qualche giorno dopo, nel nuovo anno e non per gioco. I genitori – leggiamo nella sua biografia ufficiale – “preferirono denunciarlo a Palermo il 2 gennaio 1912, in seguito a un contrasto con la città a causa delle loro idee liberali”.
Renato Guttuso nel 1941, primo anno della Seconda Guerra Mondiale, dipinse “La Crocifissione” che fece esplodere una polemica di fuoco perché l’opera venne ritenuta scandalosa e blasfema, un volgare insulto alla religione. Per il pittore siciliano, rappresentò invece un urlo contro la violenza dei dittatori, di chi fa a pezzi diritti e libertà, il simbolo di chi subisce oltraggio, carcere, supplizio per le proprie idee (mi ricorda tanto l’Iran di questi giorni).
Raimondo Moncada
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