Oggi è la giornata del papà. Si festeggiano i papà presenti, i papà che ci sono, i papà che sanno essere papà. E sono festeggiati dai figli, se ci sono, se sono stati messi al mondo.
Perché non tutti i figli hanno la fortuna di avere un papà presente e un papà che sappia fare il papà (è difficilissimo).
È una festa, dunque, anche del ricordo per chi non ha più il papà o per chi lo ha perso o per chi lo ha avuto sottratto. E quindi non ha niente o poco da festeggiare. Solo una giornata a leggere e a vedere altri festeggiare il proprio papà che c’è. Ma non tutti. Perché ci sono anche papà che pur essendoci non ci sono, non sanno fare i papà o sono spariti o non possono fare i padri che vorrebbero perché poveri, perché senza lavoro, perché disperati, perché mortificati dal destino.
E i figli di questi papà chi e come e con che cosa dovrebbero festeggiare?
Penso ai bambini che a scuola vengono preparati dalle maestre a esprimere questo loro sconfinato, naturale, primordiale sentimento. Alzi la mano chi non ha ricevuto una letterina dalla propria figlia o dal proprio figlio con il cuoricino rosso disegnato e la figura monumentale di un uomo al centro di tutto che regge la famiglia, che regge come un pilastro una casa accogliente (il secondo pilastro è la mamma alla quale è riservata una seconda festa un po’ più avanti).
Per i bambini il papà è o dovrebbe essere un supereroe, con poteri magici e soprannaturali, che li porta ogni domenica alla giostra, che ogni domenica porta i dolcetti a casa, che ogni giorno non fa mancare nulla nel frigorifero, nella tavola della cucina dove tutta la famiglia si siede e mangia.
Ma non per tutti è festa.
Non tutti possono festeggiare.
Non tutti celebrano la giornata allo stesso modo.
Non tutti i bambini hanno la fortuna di avere un padre e una famiglia.
Non tutti gli uomini hanno la fortuna di diventare papà e di ricevere anche un piccolo ma potente pensiero dalla creatura che hanno messo al mondo. L’avete mai vista negli occhi, in silenzio, ed emozionarvi al pensiero che siete stati voi a mettere al mondo quella vita e che l’avete vista nascere, uscire con un urlo dal grembo della mamma?
Eliminare allora la giornata perché discriminatoria?
No, perché?
Me lo chiedo, e rifletto, aprendo gli occhi a questo 19 marzo e a inoltrarmi in una domenica di bellissimi festeggiamenti.
Buona festa del papà a tutti e anche a me, perché anche io lo sono con tutti i miei numerosi difetti ed errori a valanga (sono un autodidatta, non sono andato a scuola di papà, ho appreso qualche rudimento strada facendo).
Però che bello sentirsi chiamare papà!
Raimondo Moncada
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