Arancine del cuore

Care amiche arancine,
vi vedo e mi si apre il cuore.
Mi siete mancate, sapete?
Mi siete mancate tanto e lungamente.
E non parlo solo ad alcune, a quelle che magari possono essere considerate le mie predilette perché ogni volta scelgo sempre loro.


Oltre alle mie al ragù e agli spinaci, estendo questa mia lettera anche a voi: al prosciutto, alla parmigiana, ai gamberi, alla salsiccia.
Vi vedo e mi si apre il palato e aprendosi il palato mi si apre il cuore e poi la pancia e poi tutto il resto che per adesso è a riposo.

Vi vedo e le mie papille gustative fanno festa. È più forte di loro. Non riesco a trattenerle.
Siete uniche e inimitabili.
Non ne ho trovate uguali lontano dalla nostra terra, dalla nostra Sicilia. Ho assaggiato delle imitazioni, perché non ho resistito. E vi chiedo scusa del tradimento. Ma mi hanno fatto venire le lacrime dalla nostalgia.

Ora vi vedo e mi rassereno e gioisco. Non mi sembra neanche vero, ma siete davanti agli occhi anche al di là di una sudata vetrina che mi annebbia la visione ma non l’immaginazione.

Una domanda: ma che vi vengono gli arancini? Niente?
Per me esistete solo voi, perché l’arancina è femmina. Mi dispiace per il maestro Camilleri che ha esaltato i maschi. E mi dispiace anche per voi, mie care arancine, che non siete state neanche prese in considerazione nei suoi splendidi racconti. “Le arancine di Montalbano”, però, avrebbe avuto tutt’altro gusto. Un giorno, ne sono sicuro, qualcuno scriverà di voi per come meritate. Ma già ne sto scrivendo io e questo mio scritto lo intesto orgogliosamente così su due piedi e nell’attesa di riabbracciarvi come “Le arancine di Raimondo”.
Grazie di esistere. Un bacio e un bel boccone.

Il vostro affezionato

Raimondo Moncada

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