Non in un giorno qualsiasi, ma ieri sera, venerdì santo, mi avvicino alla ringhiera di piazza Scandaliato e osservo il cielo non di Sciacca, ma del mondo, che si trasforma in fuoco, che brucia sul mare, poco prima di oscurare tutto, poco prima di avvolgere nel buio ogni cosa spegnendo la luce.
Immerso in questa atmosfera, di mistero, di silenzio, di preghiera, ho pensato in un freddo insolito a quel che è stato fatto, a quel che rievochiamo da oltre duemila anni a eterno pentimento; ho pensato a quel che si ripete in ogni momento e che non vediamo o non vogliamo vedere o sentire con l’urlo che ci fa tremare dentro, con il cielo attorno a noi e dentro di noi che ogni volta si fa nero, ci terrorizza e ci strazia.
Ma nonostante tutto, c’è sempre un gabbiano, c’è più d’un gabbiano, che comunque si presenta, che vola e danza dinnanzi ai nostri occhi e che ci dà il coraggio a riaprire le nostre ali ritratte e a riprendere a volare e a seguirlo, senza dire una parola, mentre tutto intorno brucia.
Raimondo Moncada
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