Cuore di mamma

“Ti ho messo al mondo”.

“Mi hai messo al mondo”.

Non si diranno più con voce umana.

Un giorno non troppo lontano si concluderà la lunga era dell’essere di sesso femminile partoriente appartenente alla specie Homo sapiens. La scienza le toglierà questa funzione di sempre, nata quando l’uomo e la donna si sono incontrati dopo nascita del mondo.

I bambini nasceranno fuori dal grembo materno forse ancora con il seme dell’uomo: perfetti nel corpo fisico, corrispondenti nei dettagli ai desideri dei richiedenti, biondi, bruni, occhi celesti, alti due metri, senza alcun difetto (si spera) e senza alcun carattere e personalità che si formeranno molto lentamente dopo la sua nascita con le premure, le attenzioni, con quello che viene sintetizzato con la parola amore.

Non è più fantascienza o un’inquietudine della mia immaginazione.

Farà tutto una macchina, senza travaglio, senza alcun dolore e alla luce del sole, facendo vedere senza ecografie lo sviluppo della creatura e si potrà eventualmente modificare in corsa ogni suo aspetto per rispondere alle mutate richieste: “Non mi piace più maschietto, la voglio femminuccia”, “Non mi piace più bionda, la voglio rossa così come la mia birra preferita doppio malto”.

La macchina sicuramente impiegherà meno di nove mesi, battendo via via ogni record di velocità e rispondendo sempre più alle attese: “La desidero fra un mese esatto!”, “No, io la voglio subito!”

La tecnologia prenderà il sopravvento, resettando ogni pensiero alla donna su quelle che sono le incognite della gravidanza e del parto: “Speriamo che tutto proceda bene”.

Le toglierà ogni dolore fisico e l’ansia degli esami periodici che le tormentano il cervello: “Non è ancora ben formata”, “Il suo peso è molto al di sotto della norma”, “Non si vede il piede destro”, “Non possiamo ancora dirle se è femminuccia”.

La creatura nascerà ma non poi ci sarà nessuna mamma macchina. Non puoi chiamare mamma un’incubatrice di vetro e d’acciaio e non puoi chiamare mamma un elaboratore elettronico.

Mamma sarà sempre quella entità esplosiva di sentimento, invisibile agli occhi, che verrà dopo il parto che nessun computer sarà in grado di sostituire. La tecnologia potrà solo dire: secondo la scienza, la mamma deve essere così e così, e se si atterrà a queste prescrizioni potrà far crescere felice sua figlia o felice suo figlio in famiglia e in società e farli maturare a tal punto da far loro recidere nell’ora X, da adulti realizzati, in maniera cosciente, indolore e naturale, quello che una volta sarebbe stato il metaforico cordone ombelicale ma rimanendo legati con gratitudine per la vita ai genitori.

Nessuna macchina potrà mai sostituire il cuore di mamma chiamata a diventare mamma dopo il parto, rimanendo mamma per tutta la vita. Così come il papà. Mamma e papà sono ruoli che affida ai genitori il neonato, molto ma molto fragile ed esigente. E non sono per niente ruoli facili. I genitori imparano giorno dopo giorno senza alcun libretto delle istruzioni, senza alcuna università, e con risultati non scontati. Possono far bene come possono far male. Ma è importante fare, esserci, non tirarsi indietro.

Nessuna macchina potrà mai avere il cuore presente di mamma, così come il cuore presente di papà. La macchina forse potrà solo misurare i loro battiti e attestare: “Questo batte poco o niente” o “Questo batte fortissimo, sta quasi esplodendo! È un cuore di mamma” che oggi avvolge nel suo caldo e immenso grembo e accompagna per mano nel mondo la sua creatura fin dalla scintilla del suo concepimento.

Raimondo Moncada

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