Ma quanto è bravo! E dirgli solo bravo può sembrare riduttivo per un artista del suo calibro. Neanche bravissimo mi sembra adeguato. Sto parlando di Francesco Buzzurro, che il maestro Ennio Morricone ha definito uno dei più grandi chitarristi al mondo capace di far fruire la musica colta a un vasto pubblico. Me lo ha confermato lui stesso, Francesco, chiedendogli del maestro Morricone e ricordandomi che si trovava a Caracalla e che nel corso di interviste con i giornalisti – mi dice – ha usato parole che lo hanno segnato per sempre.
Con Francesco Buzzurro ci siamo abbracciati e abbiamo chiacchierato poco prima del suo concerto a Sciacca, dentro la Basilica di Maria Santissima del Soccorso gremita per lui. E ho ricordato a Francesco e all’amico chitarrista che era con lui, Alfonso Pumilia, e poi al pubblico presente nella mia breve introduzione come l’ho conosciuto, ad Agrigento.
Abbiamo frequentato la stessa scuola, la media Luigi Pirandello, io ero avanti negli anni, diciamo più grande, e mi sentivo importante per questo, verso di lui e verso i nuovi piccoli ingressi. E tra questi piccoli c’era anche lui, nel mio stesso corso, e lo ricordo sempre accompagnato dalla sua inseparabile chitarra che era più alta di lui e che lui aveva già allora addomesticato e resa parte di sé (“L’ho sempre considerata un giocattolo!”). Poi ci siamo persi e lui nel frattempo è diventato grande, grandissimo e non a livello locale, agrigentino, siciliano, italiano, europeo… di più, incidendo non so quanti dischi, esibendosi in non so quanti concerti, collaborando con fior di artisti italiani e internazionali. In grandezza mi aveva non solo già ampiamente superato alle medie ma è arrivato in poco tempo, e giovanissimo, a livelli altissimi che ora non saprei misurare con i miei umani strumenti. E non si è fermato.
Il pubblico di Sciacca (e non solo) è accorso numeroso per il suo Nativitas (concerto di brani natalizi del suo ultimo album e brani di altri dischi con altro tema) e lui, Francesco, ha voluto menzionare il suo primo maestro, colui che gli ha messo le mani sullo strumento, il saccense Nino Cusumano, 94 anni, non presente fisicamente per motivi di salute ma presente col figlio.
La sua gratitudine al maestro Cusumano lo ha portato a dedicargli un medley di dieci minuti con colonne sonore del grandissimo Ennio Morricone. E il pubblico in piedi a tributargli il meritato, lungo, applauso.
Raimondo Moncada
P.S. Ho dimenticato di dire che un giorno di qualche anno fa, in un incontro tra amici artisti agrigentini, ho chiesto a Francesco se poteva darmi delle lezioni di chitarra. Mi ha detto di sì. Ma non ci sono mai andato. Troppo scarso. Anzi, troppo scarsissimo (ma si può dire?)
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