Ci vuole arte in tutto, pure nel fare le coccole. Lo leggo per strada, praticando l’arte della camminata, dell’osservazione e della riflessione. Nella vetrina di un negozio, leggo proprio “L’arte della coccola” e la lettura mi attiva l’immaginazione.
Non entro nel negozio, ma nella mia testa. E rifletto sull’arte e sulle coccole e penso quanto sia bello ricevere le coccole e quanto sia bello – aggiungerebbe già qualcuno – darle. Non sapevo, però, che ci fosse un’arte dietro, che esistessero delle scuole per insegnarle, dei negozi dove magari acquistarle o, comunque, averle in dono dopo un acquisto o non so per quale altra ragione. Immagino soltanto.
Penso che la coccola sia un gesto naturale di affetto, che faccia parte o dovrebbe far parte fin dalla nascita del bagaglio di umanità ognuno di noi. Un gesto delicato, soffice, di amore, di amicizia, che si esprime con una carezza (mi sovviene l’ammizziglio dei gatti), un bacio, un abbraccio, un massaggino, un tè con dei biscottini, una parola dolce, un’attenzione spontanea, sentita, sincera che non ha schemi, non ha regole, non ha gabbie, non ha obblighi. L’unica regola è la sincerità e il moto del cuore.
Però, diciamocelo, non tutte le persone sanno far le coccole, per carattere, per educazione, per eredità, per durezza d’animo, per eccessivo senso di virilità … Ma si può imparare a sciogliersi, col tempo.
L’arte delle coccole, chiamiamola così, richiede proprio tempo, trasporto, passione, fluidità, benessere interiore e umana comprensione. C’è chi è proprio di marmo, paralizzato, per varie ragioni, anche patologiche. Già ricevere le coccole fa bene all’animo e al corpo e all’essere umani, ma non ci può essere un senso unico nella buona e consigliata pratica delle coccole. Ma il buon esempio del donatore che dà senza la pretesa di ricevere è la goccia che eroderà la roccia (che bella rima poetica che mi è venuta!)
Farò un corso professionale di coccoleria e batterò ogni record come l’uomo più coccoloso del mondo (coccoloso con la vocale “o” dopo la prima “c”). Impara l’arte per non metterla da parte.
Raimondo Moncada
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