Come promesso, per pari trattamento, sono andato in pellegrinaggio da San Calogero. E non sono andato in un luogo qualsiasi. Ma nel suo minuscolo eremo, nella grotta in vetta a Monte Cronio, a Sciacca, dove si ritirava per meditare, per pregare, per essere a contatto col divino e con la profondità fumante del suo creato.
Mi ci ha condotto un amico giornalista, Calogero Parlapiano, che commentando uno dei tanti post con video e foto dedicati alla Madonna del Soccorso mi ha minacciato scrivendomi: “Ora, per par condicio, passiamo al copatrono San Calogero”. E io ho dovuto ammettere per tamponare eventuali reazioni inconsulte: “Con San Calogero ora ho un grossissimo debito. E dovrò provvedere al più presto”.
E l’amico Calogero (omonimo del santo) mi ha prelevato con la forza dell’amicizia da casa e mi ha condotto in auto fin sulla vetta della stanza antica.
È un luogo sacro, sotto la basilica a lui dedicata, dove fuoriescono pure i vapori terapeutici provenienti dalle viscere del monte Cronio.
C’è un pannello di ceramica del 1554 raffigurante il santo con la sua cerva, un altare e a terra uno stretto cunicolo che sarebbe stato la non proprio comoda camera da letto di San Calogero. In questo eremo, dove tanto bene ha fatto agli ammalati, il santo ha esalato il suo ultimo respiro. Ma c’è ancora, si percepisce nell’aria. Io gli ho parlato. Abbiamo conversato per qualche minuto e poi l’ho lasciato in pace con il suo tanto chiffare. I Santi sono imprevedibili.
Tra il San Calogero di Sciacca e il San Calò di Agrigento c’è una differenza, piccola.
Il San Calò di Agrigento è raffigurato di colore nero, ed è il santo che mi conosce, col quale sono cresciuto a pane e giuggiulena (sesamo). A Sciacca ha la pelle molto più chiara e poi sembra avere un aspetto molto più rilassato, disteso così come ci è stato restituito nelle statue e nelle pitture. Il volto del santo di Sciacca avrà sicuramente risentito Saranno degli effetti benefici dei vapori all’interno delle grotte di Monte Cronio.
Dopo che ci ha ringraziati della visita, con l’omonimo amico Calogero ci siamo fatti una passeggiata per godere dello spettacolo del paesaggio, della città sottostante, del mare scintillante, di tutta la costa agrigentina e di un sole al tramonto che si è divertito con le nuvole ad accendere a faro, da concerto rock, i propri raggi su un palcoscenico d’acqua incandescente e a caricarci di energia.
Raimondo Moncada
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