E se tornasse?

E se tornasse? È il titolo dell’ultima pubblicazione di Raimondo Moncada. È un libro uscito, non a caso, qualche giorno prima del 27 gennaio, in ebook e poi in anche in cartaceo con principali destinatari le nuove generazioni, gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Il sottotitolo lo dice chiaramente: Messaggio ai giovani armati di smartphone.

E se tornasse? è un monologo-testimonianza che Raimondo Moncada ha scritto e sviluppato in occasione della sua partecipazione ad alcune ricorrenze del 27 gennaio, Giornata della Memoria istituita dalle Nazioni Unite per commemorare le vittime della Shoah. Un testo recitato in festival letterari e rassegne d’arte con a tema il dolore dei lager e a cui l’autore ha voluto dare dignità di un libro, per custodirne la memoria.

Rivolgendosi ai giovani di oggi, l’autore parla del padre a cui ha dedicato il libro Il partigiano bambino e di chi come lui, figlio di chi ha vissuto la guerra, ne vive gli orrori. Perché il trauma dei genitori, dei nonni, si perpetua, si trasmette di generazione in generazione per via genetica e attraverso ll’ambiente familiare che si viene a creare.

Raimondo Moncada parla poi dei perseguitati, dei deportati, degli umiliati, dei massacrati, degli uccisi nelle fabbriche della morte durante la seconda guerra mondiale quando il papà sedicenne combatté nella Resistenza contro il nazifascismo.

Al centro del libro un interrogativo: e se quello che è accaduto tornasse oggi, con gli strumenti di oggi, con l’odio di oggi, con i social di oggi e non più contro gli ebrei, ma contro ad esempio i siciliani, contro chi viene considerato diverso e additato come il nemico di turno, utilizzando lo stesso collaudato, scientifico copione di violenza e di pianificato sterminio degli anni Quaranta?

Il tema non può esaurirsi il 27 gennaio.

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