Dico la verità: non ci credevo

Dico la verità: non ci credevo.
Dico la verità: ho sempre pensato alla Agrigento che da piccolo ho vissuto.
Dico la verità: sono rimasto fermo, bloccato a quei desideri irrealizzati, a quei bisogni insoddisfatti che ti rimangono dentro, nella carne e crescono con te.

Dico la verità: ancora non ci credo, nonostante le dichiarazioni del sindaco Francesco Miccichè a Roma a chiusura della cerimonia di proclamazione: “Un riconoscimento importante per lo sviluppo della cultura, del turismo, dell’economia della mia città”.

Dico la verità: ascoltando il ministro Sangiuliano cantare le bellezze di Agrigento mi sono inorgoglito, perché io ad Agrigento sono nato, ad Agrigento sono cresciuto, ad Agrigento mi sono diplomato, ad Agrigento ho riso e ho pianto, toccando le corde di tutti i sentimenti.

Dico la verità: oggi mi hanno trasformato in cittadino di una capitale della cultura.
E bisogna stare muti. Debbo io per primo stare muto. Poche parole e azione tanta. Cantare pure io la mia Agrigento con l’amplificatore, da oggi e almeno fino al 31 dicembre 2025 per poi ricominciare il primo gennaio 2026 a tempo indeterminato.

Complimenti a chi ci ha creduto e ricreduto, andando con forza e determinazione oltre il sentimento della rabbia diventata rassegnazione, lavorando in modo certosino e inseguendo un sogno.

Dico la verità: ancora non ci credo. E forse neanche Luvici (Luigi Pirandello, nel selfie con me al Caos), che però ride ed esulta. Non si può non esultare e gioire.

E ora?
Agrigento Capitale della Cultura 2025 è una straordinaria opportunità e una grandissima responsabilità, per tutti: per le istituzioni e per i singoli cittadini chiamati a essere degni ambasciatori della propria terra natia.

Ridico la verità: ancora stento a crederci. Ma è realtà nella più bella città dei mortali e degli immortali (l’immortalità ci verrà conferita come merito aggiuntivo se riusciremo ad approfittare pienamente dell’occasione).

Raimondo Moncada