Il primo uovo rotto della storia

Quella rappresentata nel vaso è la scena di un uovo che viene rotto e da dentro esce la sorpresa a cucù. Risale, pensate un po’, al 380-360 a.C.

Ha più di duemila anni e proviene dalla necropoli Peucezia di Bari (il cratere, si chiama così, è apulo).

Arte, storia, teatro, creatività, leggerezza, sorriso, cultura, tradizioni, eredità, ricchezza, noi. C’è tanto.

Raffigura la parodia della nascita di Elena. È immortalato il momento in cui due attori fliaci stanno per colpire l’uovo proprio nel momento in cui questo si schiude lasciando venire al mondo Elena.

Lo condivido non per ostentare conoscenze infinite, enciclopediche, wikipediane, da mitico professore dell’arte (l’ho recuperato nello tsunami di auguri che mi sta travolgendo su Whatsapp, inviato da un’amica grande esperta e appassionata amante di cusuzzi antichi). Ma perché di grande interesse storico e umana curiosità (in America mi avrebbero già fatto licenziare). E poi per rispondere con un unico gran bel messaggio ai vostri affettuosi pensieri che da ogni luogo e con svariate gradite forme mi arrivano.

Lo ammetto: sto cominciando ad avere qualche difficoltà a rispondere a tutti. Lo so, c’è anche domani. Con la riserva dei prossimi giorni della settimana. Ma intanto metto una pezza. La falla potrebbe farmi finire negli abissi.

Dalla Magna Grecia ove sono, ove le mie fragili membra son distese su dorici ruderi ellenici, vi giungano le mie uova (metaforiche, non fatte da me) con dentro la sorpresa dei miei migliori auguri, di quelli che si colorano, che si differenziano, che si personalizzano per voi.

Che sia una Pasqua che vada oltre gli auguri, oltre le uova, oltre i ruderi, oltre le apparenze.

Raimondo Moncada

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