Sta diventando il romanzo dell’estate. Come l’arancio amaro, l’esordio boom di Milena Palminteri (Bompiani), è stato presentato a Sciacca, nella città dove il libro è ambientato con una storia intrigante e una lettura molto piacevole con una lingua che accarezza tanto il nostro siciliano.
Dialogando con Alida Alessi, l’autrice ha spiegato il perché della sua scelta al Letterando off, dentro la rassegna Una Badia di libri, organizzata in collaborazione con la libreria Ubik di Ornella Gulino. Milena Palminteri, siciliana di Palermo, per tanti anni dirigente dell’archivio notarile di Salerno, è molto legata a Sciacca che nel romanzo chiama Sarraca ripetendo l’operazione di Andrea Camilleri con Vigata, la natia Porto Empedocle. Una scelta che serve allo scrittore per dare una maggiore libertà alla fantasia e ai voli della scrittura.

Ma la Sarraca del romanzo Come l’arancio amaro non si nasconde, è ben riconoscibile, individuata dai saccensi e da chi conosce Sciacca grazie alla precisa descrizione dei luoghi chiamati con i loro nomi o quasi: San Marco, la Foggia, la Chiana, il Monte San Calogero, il quartiere della Marina, lu Chianu di San Duminicu (piazza Scandaliato), le Grotte del Caricatore, Piazza Purgatorio, Vicolo Kassar (Cassar) ecc.; ai precisi riferimenti a reali personaggi storici (l’onorevole Tabisso che richiama Abisso, padre Ardena che richiama padre Arena), ai suoi dolci tipici (le ova murine), alla tragedia del dirigibile francese Dixmude e a tanto altro come la devozione nella Madonna del Soccorso. Luoghi, eventi, personaggi che l’autrice dimostra di conoscere molto bene inserendoli, nella loro realtà vissuta col cuore, in una scrittura fluida, in una trama che avvince.
Si parla un pochino anche di altre città vicine a Sciacca che l’autrice questa volta chiama senza usare nomi di fantasia ma con il nome originario come Girgenti (la storia si svolge negli anni Venti e Sessanta del Novecento), Caltabellotta, Ribera, Santa Margherita.

Perché ha scritto questo libro? Perché lo ha ambientato a Sciacca?
“Io non abito più in Sicilia ormai da tantissimo tempo. Abito a Salerno. E mi sono accorta che con il passare degli anni stavo perdendo memoria dei miei posti. Io sono stata qui da bambina, da adolescente, da giovanissima. Poi sono andata via. E tutto quello che io ho vissuto in questi anni con i miei parenti che stanno in questi luoghi stava scivolando via, perfino il suono, o meglio il canto di questo dialetto. Perché il dialetto saccense, che prima si chiamava sciacchitano, ha un ritmo che non ha nessun altro, forse il catanese ma certo non il palermitano dove io sono nata e ho abitato per tanti anni. E io stavo perdendo tutto: i modi di dire, i modi anche di accostarsi alla vita, i suoni, i profumi, i sapori… Oltretutto il luogo che mi accoglie è un luogo altrettanto forte, altrettanto pieno di tradizioni, di profumi e di sapori, e io volevo resistere a qualunque costo a questa perdita di memoria. Io amo moltissimo gli scrittori siciliani, primo fra tutti Vincenzo Consolo, Il sorriso dell’ignoto marinaio. Da lui ho capito perché io avevo bisogno di scrivere di questo posto e di tutto quello che questo posto rappresenta per me. Il seme di questa storia, questo è un tradimento, l’ho trovato a Salerno. Me ne sono appropriata perché mi serviva per potere rientrare con la memoria nel mio paese, che poi non è il mio perché io sono nata a Palermo, ma io lo considero il mio paese di adozione, perché sono sempre stata affascinata da questi luoghi”.
Comunque mi sarebbe piaciuto che nel libro, che mi ha molto preso e che consiglio, Sciacca fosse stata chiamata col suo reale nome e non con quello di fantasia.
Raimondo Moncada

Meraviglioso libro. Sono una lettrice del Nord innamorata della Sicilia e degli scrittori e scrittrici dei nostri tempi. L’ autrice di ” Come l’ arancio amaro” merita ampiamente tutto il successo che sta ottenendo: bella la storia raccontata,esilarante la scrittura che durante la lettura si trasforma in un film che odora di Sicilia e di musica