Una storia tira fuori l’altra dall’oblio

Accade a ogni presentazione del libro sulla storia di mio padre Gildo Moncada, il partigiano bambino. Appena finisce l’ultimo intervento, l’ultimo canto, l’ultima lettura, ecco avvicinarsi a te tante persone con il loro carico di emozioni che ti avvolgono di umana solidarietà, ma anche di sorprese.

Perché mentre ti stringono la mano ti fanno partecipe di altre storie personali come se il tuo racconto di testimone di un testimone, di figlio di chi ha fatto la Resistenza, di figlio di una famiglia sconvolta dalla guerra, li incoraggiasse a raccontare episodi mai condivisi.

È accaduto puntualmente anche ieri pomeriggio a Sciacca.

C’è chi mi ha chiesto notizie sul seguito ma c’è anche chi si è avvicinato per raccontarmi di uno stretto familiare uscito da un lager nazista. E c’è chi, un’insegnante, mi ha detto di essere venuta alla presentazione perché anche la sua famiglia ha vissuto il dolore di quel tragico momento storico.

Storie accennate in incontri veloci, con persone conosciute e sconosciute, avvenuti nella confusione finale di una presentazione, quando vieni preteso da chi ti vuol stringere la mano, abbracciare e guardare negli occhi.

E nei saluti ci sono stati altri insegnanti che mi hanno manifestato l’interesse per farne un percorso di studio, di approfondimento. Raccontare la grande storia con le “micro storie” di giovani di un’altra epoca che parlano ai giovani dell’epoca che stiamo vivendo.

E ieri sono venute fuori pure le storie di cinque partigiani di Sciacca che io non conoscevo, come tantissimi.

Una storia tira fuori l’altra dall’oblio.

Raimondo Moncada

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