I doni della malattia

I “doni” della malattia, perché anche la malattia ti regala qualcosa di positivo. Qualcosina. Sembra assurdo, un controsenso.

“Ma sei impazzito? Non sai quello che dici”. Dirà qualcuno.

Ne ho parlato con un mio amico. L’ho incontrato alla presentazione di un libro. E vedendomi dopo più di un anno e mezzo mi ha chiesto: 

“Come va?” 

E io gli ho risposto, come rispondo a tutti, con una premessa:

“Una domanda complessa, che ha una risposta relativa. E tu? Come va?” 

Perché anche lui ha avuto un momento molto critico ed entrambi siamo così entrati in una dimensione altra, non ordinaria, la dimensione di chi si è sentito tenuto per una mano con sotto il precipizio.

Lui mi ha detto che adesso si gode gli affetti più cari dedicando loro tutto il suo tempo, tutto sé stesso, mettendo da parte ogni altra cosa inutile.

Io ho condiviso la riflessione, completandola.

La malattia finora ha spazzato via tanta immondizia che si era depositata nella mente-discarica. E poi mi ha regalato un profondo e diffuso senso di serenità: non mi innervosisco così facilmente come facevo prima, non mi arrabbio più come mi arrabbiavo prima, regalo a me e agli altri più tempo e più comprensione, mi regalo ogni attimo con maggiore intensità e una visione più incantata, e se c’è da riposarmi perché ne ho bisogno, come ultimamente ho bisogno, stacco, mi distendo, mi addormento, abbandonando ogni cosa senza sensi di colpa (perché se eccedo – e qualche volta è capitato – mi prendo il cazziatone perché non sono più nelle condizioni di fare gli sforzi che facevo prima). Non ho più le aspettative e le pressioni di una volta: avverto un maggiore senso di libertà e di leggerezza.

Una dimensione non statica, ma fluida.

Per adesso è così e lo scrivo in una mattinata svegliato alle cinque da non so quanti gabbiani, urlanti e pure scacazzanti, ormai padroni del cielo sopra e attorno casa tua.

E nel rifletterci mi sono pure imbattuto in un breve video di Michela Murgia in cui la scrittrice davanti a un pubblico parla di sé, della sua malattia, del suo ultimo tratto di vita.

“Sto vivendo il tempo della mia vita adesso – dice Michela Murgia –. Questo è un momento di grandissima libertà. Se c’è qualcosa che non ho avuto il coraggio di fare mo’ lo faccio. Volevo vestirmi da regina alle dieci del mattino con un abito da sera e l’ho fatto. E farò un sacco di altre cose. Io non ho più limiti, non me ne frega più niente. Però io vi dico: non aspettate un cancro per fare la stessa cosa”.

Ma quando siamo in pienissima salute non ci pensiamo mai. In questa dimensione di benessere ci diciamo: non avrebbe senso.

Raimondo Moncada

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