Sapevate che duemilacentoventotto (2128) anni fa scendeva su questa umana terra Cicerone?
Era il 3 gennaio 106 avanti Cristo, ad Arpino, nel Lazio: così ho letto scritto.
Cicerone, non quello che inventò la farina di ceci per fare le panelle,
e neanche quello che ci guida per le vie e le piazze delle città
spiegandoci la storia dei monumenti e quella dei personaggi
e quella degli angoli dove non c’è niente ma di cui solo loro hanno memoria
perché lo hanno letto, perché lo hanno studiato, inseguendo tracce nella sabbia.
Cicerone, lo scrittore, l’avvocato, il politico, il filosofo, l’oratore,
quello dalla lingua facile, dalla favella sciolta, dotta che tanto ci ha lasciato
e che i secchioni e i senza secchio in testa ricordano per le versioni tradotte o non tradotte a scuola
per i dieci e lode con bacio in fronte o per gli ampi zero sui mitici fogli protocollo:
Cicerone, lo ha detto Cicerone! Non io, non tu, lo ha detto CICERONE!
È morto, decrepito, sì, ma vive nelle citazioni in eterno,
perché verba volant e scripta manent, come quella che dice:
“Il saggio che col suo sapere non sa giovare a se stesso, non sa nulla”
E poi lo sapevate che pur nascendo nel lontano Lazio, in centro Italia
ha amato la Sicilia e i Siciliani che ha pure difeso contro Verre
Il gran disgraziato! che tutto quello che vedeva voleva portarsi dentro un sacchetto
razziando ogni prezioso, ogni ricordo, ogni opera d’arte: tutto! Lasciandoci in mutande.
E i siciliani lo amarono per sempre, come penso anche le siciliane:
“Quantu si beddu! Pi cu tifi? Sì di la Laziu o si cu Totti e la so Roma?
Mi la duni ntantu na vasata mmucca ca è megghiu assà di lu parlari ammatula?”
Cicerone è stato macari nostro dirimpettaio e fece scuola,
quando a 31 anni, nel 75 avanti Cristo venne nominato
questore dell’impero romano in Sicilia, con casa, villa e giardino, a Lilibeo.
E a Marsala, tra le scintillanti meraviglie dello Stagnone
Sarebbe stato prevessore di retorica nell’isola di Schola
per insegnare a ben parlare, spiegare in modo chiaro, coinvolgere, ammagare.
E io oggi lo ricordo, nel giorno del suo genetliaco, il compleanno.
Lo immagino solo spegnere 2.128 candeline sopra la ricotta cassata siciliana
“Picchì ogni lassata è persa, ma ristai senza purmuna, senza respiru.
Ci voli abilità puru pi soffiari e astutari tutti sti cannili in una vota, ca nun si vonnu astutari”
Auguri ancora Cicirù, e grazie per aver preso a calci nel culo li latruna d’arti
Ca ti lu immagini, ad esempiu, le me Akragassi, la me Agrigentu, senza li Templi?
Di chi m’havìa a vantari? Di li pala di ficudinnia ca sunnu puru boni?
Raimondo Moncada
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